codice SIAE: 959445A
Sinossi
Quelle celesti
corrispondenze
atto unico di
Paolo Cappelloni
Personaggi
Marcello
Anna - la madre
Gianni – il padre
Patrizia - la sorella
Roberta - la moglie
Stefano
Giulia
La scena rappresenta una
cantina semibuia al centro della quale, come un totem, sono accatastati e
illuminati i più svariati oggetti. In un lato della scena c’è una porta con
alcuni scalini da cui filtra una forte luce ogni volta che viene aperta. Alcuni
personaggi entrano dalla porta, altri entrano ed escono dall’ombra in cui è
immerso il resto dell’ambiente. Le scelte degli interventi musicali e gli abiti
dei personaggi sono a discrezione della Regia.
I brani letti da Marcello e Roberta
sono tratti da “I Sepolcri” di Ugo Foscolo
Musica
Marcello - (Apre la porta dalla cui apertura filtra per un
istante un fascio di luce ed entra
scendendo i pochi gradini che portano alla cantina. Si guarda attorno e
sofferma lo sguardo su una catasta di vecchi oggetti posti al centro del palco.
La musica sfuma) Da quanto tempo non scendevo quaggiù? Mamma mia! Il
posto delle cose abbandonate! E dire che da piccolo ero tanto curioso di venire
a rovistare qua sotto! Mi piaceva perfino l’odore che si sentiva, qui in cantina,
(Pausa) un odore antico che non si sente più: era un misto di carbone,
di legna da ardere e polvere di vecchie cose ammuffite. I miei ci mettevano
tutte quelle cose che avrebbero voluto gettare ma non avevano il coraggio di
farlo, perciò la roba si accatastava: sedie che si potevano rimpagliare,
mobiletti scassati ma che erano pur sempre dei ricordi… poi facevano comodo per
metterci altre cose che non si sa mai. (Sorride) A volte ci venivo con
mio padre che per non sporcare in casa veniva qui a fare alcuni lavoretti di
falegnameria o cose del genere o per travasare il vino che teneva in una grossa
damigiana; e mi diceva sempre: “Stai a guardare, impara come si fa!” (Sorride)
Mia madre invece ci capitava raramente; lei si limitava a dire a me o a mio
padre: “Porta giù questo, per favore, porta giù quest’altro” oppure: “Vammi a
prendere la tal cosa che è nel tal cassetto”. E mia sorella… lei ha sempre
avuto il terrore di questo posto e ad ogni rimprovero che riceveva tremava al
solo pensiero di essere rinchiusa qua dentro, al buio! (Pausa) Poi ci
venivo anche da solo per rovistare tra la roba vecchia con la speranza di
trovare chissà cosa, qualcosa di insolito, di sconosciuto, di affascinante, e
finivo per sfogliare vecchi libri di scuola appartenuti a me o ai miei
genitori, o album di figurine di antichi campionati del mondo! (Pausa)
In seguito, dopo il mio matrimonio e con l’arrivo di mia moglie, si sono
accumulate tante altre cose: altri libri, altri ricordi, altre cose che non si
sa mai. Ma era lei che portava giù tutto; la cantina era diventata il deposito per
tutto quello che non si poteva più tenere in casa. (Si guarda attorno) Non
ci ho messo più piede per anni. (Pausa) Dovevo proprio rimanere solo
perché mi venisse in mente di ridiscendere fin qui e fare come quando ero
ragazzino. (Inizia a curiosare fra le vecchie cose e trova una cassetta per
attrezzi) I ferri di mio padre… “i ferri del mestiere”, li chiamava lui,
anche se li usava solo per i lavori di casa. (Prende un martello dalla
cassetta degli attrezzi impugnandolo vicino alla “bocca” mentre il padre
compare sulla porta e lentamente scende i gradini avvicinandosi a lui)
Padre - Quante volte ti ho detto che il martello non si
impugna così! la mano deve stare all’estremità del manico!
Marcello - Sì, sì, babbo, lo so.
Padre - Lo sai ma non dai mai retta ai miei consigli! e
i colpi devono essere pochi e precisi!
Marcello - Tanto il martello non sarà mai un mio strumento di
lavoro.
Padre - (Gli dà uno scappellotto) Non significa
niente! un uomo deve imparare certe cose! Quando avrai una casa tua come farai?
vuoi dipendere dagli altri anche per battere un chiodo nel muro?
Marcello - Hai ragione, babbo; hai avuto sempre ragione, tu
Padre - Vorrei ben vedere!
Marcello - È il modo in cui mi dicevi le cose che era sbagliato.
Padre - Non stare a pensare ai modi ma alla sostanza, al
perché tuo padre ti dice certe cose! Quando sarai più grande lo capirai!
(Breve
intervento musicale. Marcello torna a curiosare tra le
cose mentre il padre resta in scena ma nascosto nel buio)
Marcello - (Continua a parlare tra sé ma come se stesse ancora
parlando al padre) I modi non contano, non sono mai contate le maniere
“pesanti” con cui volevi insegnarmi le tue grandi e giuste verità. (Trova
una vecchia coperta) E non solo a me, anche a Patrizia (Guardando la
coperta) e alla mamma. L’importante è farsi valere! quasi godere di quel potere domestico che nessuno ti avrebbe mai potuto togliere.
(Come il padre, anche la madre
compare sulla porta e scende i gradini avvicinandosi a Marcello)
Madre - Non essere così polemico con
tuo padre, Marcello, in fondo, tutto quello che lui
dice è per il tuo bene!
Marcello - (All’unisono con la madre, come una cosa sentita e risentita)…
è per il tuo bene!
Madre - Certo, è così. (Materna, riferendosi alla coperta che Marcello tiene in mano) Ricordi quella coperta? quante volte te l’ho rimboccata, sul letto, Marcellino? e tu che ti scoprivi continuamente! non te ne sei mai accorto ma io venivo a ricoprirti per benino anche quando eri più grande e tornavi a casa a ore impossibili! e io, che non dormivo finché non rientravi e non ti addormentavi, mi alzavo pian piano e venivo a rimboccarti le coperte senza che tu te ne accorgessi.
Marcello - Me ne accorgevo, mamma, me ne accorgevo.
Madre - Ecco, e ora che sei sposato non lo posso più fare
ma pazienza... ora non hai più bisogno della
tua mamma.
Marcello - (Con paziente e amorevole rimprovero) Mamma…
Padre - (Interviene rivolgendosi alla moglie)
Anna, smettila con questo tuo atteggiamento melenso, con quest'aria da martire!
Madre - (Al marito) È così, Gianni. (Al figlio)
Ora tu sei il capofamiglia, Marcello, ed è giusto che sia così; hai trovato
anche una brava ragazza che ti vuole bene e io non posso fare altro che
mettermi in disparte perché ormai sono vecchia e non conto più niente.
Padre - (Interviene) Ma senti che razza di
discorsi!
Marcello - (Paziente) Mamma, non devi assolutamente
pensare di essere messa da parte; tu hai fatto anche troppo, per noi, e devi
essere fiera di aver cresciuto la tua
famiglia, (Sottolineandolo) se questo è ciò che hai veramente
desiderato.
Padre - Cosa significa questo?
voi insinuare che l’ho costretta io a fare tutto quello che deve fare una madre
di famiglia?!
Marcello - Babbo, non volevo dire questo.
Padre - Tua madre vi ha
coccolato anche troppo e se non fosse stata così debole, sareste certamente
cresciuti molto più educati e determinati! credi a me!
Marcello - Ecco: la mamma non ha impugnato bene il martello,
vero? pochi colpi e precisi!
Padre - (Alza la voce) Non essere insolente con
me!
Madre - (Interviene a placare il diverbio) Per
carità! chi è stato più felice di me ad avere una famiglia così!? non potrei
sicuramente desiderare altro dalla vita! Tu e Patrizia siete la mia gioia! siete
tutto, per me; ho fatto tanti sacrifici per farvi crescere bene ma li ho
affrontati tutti con amore! (Al marito) È vero, Gianni?
Padre - Ecco, ha parlato la crocerossina, ha parlato
Florence Nightingale!
(Breve
intervento musicale. I genitori restano in scena,
nascosti dal buio, e Marcello si rimette a rovistare trovando parecchi
libri.)
Marcello - Libri, libri, libri, se ricordassi tutto quello che ho
letto e studiato…!
Patrizia - (Esce dall’oscurità) Sei sempre stato
un secchione, tu! ma perché siamo venuti qua sotto?
Marcello - (Sorridendo) Non ti è mai piaciuto questo
posto, eh?
Patrizia - No! ne ho avuto sempre il terrore perché è scuro e freddo,
e lontano da tutto il resto della casa! l’ho sempre visto come un qualcosa
lontano dal mondo!
Marcello - (Scherzosamente, per spaventarla) Il luogo in
cui si nascondono gli scheletri negli armadi! dove dietro ad ogni angolo ci può
essere…
Patrizia - (Spaventata, lo interrompe) Smettila
Marcello! mi metti paura!
Marcello - (La abbraccia con fare protettivo) Ma sorellina
mia! hai mai avuto paura stando vicino a me?
Patrizia - No.
Marcello - Allora…? non vedi che questo è solo un luogo del
passato?
Patrizia - Un luogo di cose morte.
Marcello - Non morte, ancora a riposo, come i vecchi! (Le
mostra una vecchia bambola) Guarda! te la ricordi?
Patrizia - Sì!! era… è la mia bambola preferita! (La guarda
e la stringe a sé) Come mai è finita quaggiù? chi ce l’ha portata?
Marcello - Forse nessuno, forse ha semplicemente seguito tutte
queste cose che hanno dovuto lasciare il posto ad altre.
Padre - (Torna in luce, insieme alla madre)
Alla tua età vuoi ancora giocare con le bambole?
Marcello - (Difendendo la sorella) Tu non giochi ancora
con i tuoi francobolli? e li tratti con la massima cura e delicatezza per la
loro fragilità? stando così attento che non si rovini nemmeno uno dei loro
dentini e te li ammiri e riammiri quasi coccolandoli?
Padre - (Alterato) Ma quello non è un gioco, è
una collezione!
Marcello - (Ironico) Ah, ecco, è una collezione!
Madre - (Con ingenuo orgoglio) Chissà quanto vale,
ora, la raccolta di francobolli di tuo padre!
Marcello - (Ironico) Eh sì, è un vero e proprio patrimonio
di famiglia!
Padre - Ci sono voluti anni e anni per metterla insieme
perciò guai a voi se un giorno la venderete!
Marcello - (C.s.) Certamente,
guai venderla!
Patrizia - (Riferendosi alla bambola che osserva e stringe
a sé) Si chiama Lilla.
Madre - (Materna) Stavi le giornate intere a
coccolarla!
Patrizia - A me è sempre piaciuto farle le coccole.
Padre - In questi atteggiamenti infantili hai preso
tutto da tua madre.
Patrizia - (Al padre) E te ne dispiace?
Madre - (Al marito) Già, che male c’è?
Padre - “Che male c’è”?, ma non vedi come li hai
cresciuti? senza grinta, senza la tempra necessaria ad affrontare la vita... immaturi
come sei stata sempre tu!
Madre - Gianni, non ti permetto di dire certe cose,
soprattutto davanti a loro! perché se non ci fossi io…
Padre - (La interrompe) Tu non mi
permetti di dire certe cose?? Ah! (Le rifà il verso) “Se non ci fossi io…”!
Se non ci fossi tu, le cose andrebbero molto diversamente!
Madre - Ah, certo! e questa famiglia diventerebbe una
caserma!
Padre - (Avvicinandosi alla moglie,
minaccioso) Anna! stai esagerando!
Patrizia - (Grida al padre) Smettila, babbo!
Padre - Tu stai zitta!
Marcello - (Alla sorella) Lascialo perdere.
Patrizia - Quante volte devo lasciarlo perdere? eh? se ogni
volta che apriamo bocca, io o la mamma, lui si avventa contro di noi! con te,
invece, non si comporta mai così, perché sei l’ometto di casa.
Madre - (Nonostante tutto, difendendo il marito) Patrizia,
non dire nemmeno per scherzo, certe cose!
Marcello - (Affettuoso) Il babbo ha sempre voluto bene a
tutti e due, è solo che non ha saputo dimostrarcelo o ce l’ha dimostrato nel
modo sbagliato.
Patrizia - Se mi volesse davvero bene che difficoltà ci
sarebbe a farmelo capire e a comportarsi in modo più civile?
Marcello - Ognuno ha delle cose che è in grado di fare e altre
che proprio non gli riescono, anche nei sentimenti.
Patrizia - Io, con lui, non sono mai riuscita a parlare di me stessa, dei miei sogni, delle mie speranze, delle mie
paure. Se non ci fosse stata la mamma… (Scompare nel
buio stringendo la bambola a sé)
(Mentre
Marcello riprende a rovistare tra le cose, la madre affronta il marito)
Madre - Hai sentito? perché pensi che Patrizia sia
arrivata a dire queste cose?
Padre - Ma che ne so! lo vieni a chiedere a me?
Madre - Forse perché non ti sei mai dedicato a lei.
Padre - Io mi sarò dedicato più a Marcello ma tu avresti
dovuto far capire a tua figlia questa divisione dei ruoli! il tuo con lei e il
mio con lui!
Madre - (Offesa) Continui col dire che ho sbagliato
a educare Patrizia? che non sono stata una buona madre?
Padre - (Indispettito) Ma perché devi avere
sempre questo atteggiamento vittimistico da cane bastonato?
Madre - (Alterata) Forse perché tu hai sempre avuto
quell’atteggiamento da carnefice che li bastona, i cani!
Padre - (Alterato) Che atteggiamento ho, io? non
dire stupidaggini! se a volte ho reagito in maniera dura è stato perché era
giusto farlo.
Madre - (C.s.) Ah, era giusto farlo; ma anche
quando non sei intervenuto… con le mani, hai usato altri mezzi, perché non si
bastona solo fisicamente, ci sono altri metodi più subdoli e raffinati!
Padre - Ma che discorsi stai facendo? da dove ti viene tutta
quest’arroganza?
Madre - (Tristemente ironica) Arroganza…
Padre - Vuoi insinuare che ho sbagliato io? perché non è
la prima volta che per un problema che sorge in questa casa si dia la colpa a
me!
(Il
padre, indispettito, risale
i gradini ed esce dalla porta, definitivamente. La madre,
piangendo, si rifugia nell’ombra)
Marcello - (Rovista ancora, ragionando tra sé) Facevano
sempre così: tanto fuoco e fiamme ma non cambiava mai niente, né fra loro e nemmeno nei nostri confronti. Anche
quando arrivò Roberta. (Pausa. Si concentra su un libro trovato fra gli
altri mentre Roberta appare, lentamente, dall’oscurità) Anche questo
è finito quaggiù! una volta aveva un posto d’onore nella mia piccola libreria e
spesso, nel mio romanticismo adolescenziale, mi perdevo in quelle immagini di
tenebre fantastiche che certe letture mi evocavano! (Roberta gli si avvicina
mentre Marcello apre il libro e legge) “… Celeste è questa/corrispondenza
d’amorosi sensi/celeste dote è negli umani, e spesso/per lei si vive con
l’amico estinto/e l’estinto con noi…”
Roberta - “… se la pia terra/che lo raccolse infante e lo
nutriva/nel suo grembo materno ultimo asilo/porgendo, sacre le reliquie
renda/dall’insultar de’ nembi e dal profano/piede del vulgo…” L’abbiamo
studiata insieme, ricordi?
Marcello - Certo che ricordo! facevamo tutto insieme, sin dai
tempi della scuola.
Madre - (Compare per poi risalire i
gradini ed uscire dalla porta, definitivamente) Stavate ore e ore su
quei libri ed era una gioia guardarvi! poi io vi chiamavo per far la merenda
che vi avevo preparato: pane e marmellata… o cioccolata, te con pasticcini,
oppure la mia torta di mele, e il pomeriggio passava così, in serenità.
Roberta - Possiedi un mare di libri! me
ne presterai mai qualcuno?
Marcello - (Porgendole alcuni libri) Certo!
tutti quelli che vuoi!
Roberta - Anch’io ne ho diversi ma sono
quasi tutte storie d’amore!
Marcello - (Guardandola con amore)
Allora li metteremo insieme per dare più grazia alla mia libreria!
Roberta - (Pensosa) La tua casa è molto grande, quando
ci sposeremo potremmo andare là e starci tutti insieme.
Marcello - (Perplesso, la guarda per un istante come se avesse
detto una cosa fuori luogo, anzi, fuori tempo) Perché no? là c’è posto per
tutti.
Roberta - E vivremo felici?
Marcello - Perché non dovremmo?
Roberta - Dovremo imparare sia a convivere da coniugi che con
gli altri della famiglia. Beh, essendo casa tua, per te sarà più semplice.
Marcello - Non ti preoccupare, Roberta, se staremo bene noi due
riusciremo a convivere anche con dieci, cento, mille altre persone!
Roberta - Non mi preoccupo assolutamente,
perché tu mi hai sempre dato sicurezza ed è una tua dote, questa, che mi
ha colpita subito, e mi ha fatto sempre star bene.
Marcello - Forse è una reazione, questa mia
“dote”, visto che ne ho sempre avuto bisogno anch’io.
Roberta - (Lo abbraccia) Ti amo, Marcello.
Marcello - Anch’io ti amo tanto, Roberta.
(Musica.
Si baciano, poi entrambi si mettono a curiosare tra le vecchie cose. Pausa, la
musica sfuma)
Roberta - Ora che tuo padre non c’è più…
Patrizia - (Esce dal buio, rivolta a Marcello)
Anche ora che il babbo non c’è più, avverto che tutto il bene che gli ho voluto
è sempre caduto nel vuoto.
Marcello - Capita spesso.
Roberta - Sì, Patrizia, può capitare spesso.
Marcello - (Amareggiato) Perché il
più delle volte non riusciamo a dimostrare o ad aiutare gli altri a dimostrarci
amore, affetto o il semplice piacere di stare insieme? e rendiamo tutto così…
penoso, difficile e complicato?
Patrizia - Anch’io vorrei sposarmi, prima o poi; vorrei
trovare un uomo dolce, che mi coccoli…
Roberta - (Affettuosa)… e che tu possa coccolare!
Patrizia - (Stringendo ancora la sua bambola) Sì! sarebbe
una cosa fantastica!
Roberta - (Sollevando un cappellino da donna che indossa
con fare civettuolo) Guardate! l’avevo indossato per una festa di
carnevale! ricordate? mi ero travestita da vecchia signora e quasi non mi riconoscevate!
(Pausa, se lo toglie, tristemente) Ora, purtroppo, non ho più bisogno di
travestirmi.
Patrizia - Ma cosa dici, Roberta!
Marcello - Non ti rendi conto di essere ancora una bellissima
ragazza?
Roberta - Vi ringrazio ma il tempo passa per tutti, anche per
me!
Patrizia - È vero, purtroppo, anche per me.
Roberta - (A Marcello) Se n’è andata anche tua madre…
(Patrizia stringe ancora più a sé
la sua bambola)
Marcello - Già.
Roberta - Come si trasforma una casa quando non ci sono più le
stesse persone! è come se perdesse energia, e alcuni suoi angoli, una volta
così pieni di calore, tornassero ad essere freddi e banali.
(Marcello
viene per un momento distratto da un uomo che entra dalla porta, scende
i gradini e lentamente attraversa la scena nella semi oscurità per sparire
nel buio)
Patrizia - (Triste, avvicinandosi a Marcello) Mi manca.
Marcello - (Stringendola a sé) Lo so.
Roberta - (Si avvicina a Marcello e restano tutti e tre
abbracciati) Che confusione c’è qui!
Marcello - Sono tutti frammenti del nostro passato misti al
presente.
Patrizia - Cosa faremo, adesso?
Roberta - Come si è sempre fatto da che mondo è mondo.
Patrizia - Già. (Si stacca da loro e lentamente scompare
nel buio portando la bambola con sé)
Roberta - (A Marcello) Tua sorella ha tanto bisogno di
qualcuno che le stia vicino e che le voglia bene.
Marcello - Sì, lo so… e tu?
Roberta - E me lo chiedi? (Riprende il libro che Marcello
aveva trovato e, leggendo, si allontana) “… E se, diceva,/a te fur
care le mie chiome e il viso/e le dolci vigilie, e non mi assente/premio
miglior la volontà de’ fati…” (Scompare nel buio)
Marcello - (Tra sé) Che senso ha? perché disturbare chi
deve ancora soffrire e decidere di soffrire con loro? quando non dovresti fare
altro che aspettare. “Aspettare”… questa parola non ha più nemmeno alcun senso
temporale. Ognuno faccia la sua vita e sarà quel che sarà! (Pausa) Ma se
ho avuto la forza di fare una cosa del genere: di entrare in questa dimensione,
che è così confusa sia per me che per loro, una ragione ci sarà! È quella
celeste corrispondenza, già, quel sentimento che è più facile chiamare Amore,
che ci fa attraversare spazi e tempi pur di essere pienamente raggiunto e
soddisfatto anche se solo per poco. Solo per poco, quaggiù.
(Dall’oscurità
compare una donna che lentamente si avvicina alla catasta delle
vecchie cose ed inizia a curiosare)
Marcello - (Le si avvicina ma lei non lo vede né sente)
Giulia! cosa sei venuta a cercare, qui? Giulia? (Pausa, la guarda) Oh
Giulia… quanti anni…! Ricordi? eravamo riusciti a non avere segreti tra noi,
nell’incoscienza della nostra gioventù. Sapevamo tutto l’uno dell’altro, senza
vergogna! Che cosa strana, Giulia. Che fine hai fatto? (La osserva) stai
forse cercando le nostre carezze? stai cercando i nostri primi baci? non credo
siano lì, tra le vecchie cose dimenticate; sono sensazioni, quelle, che col
passare degli anni diventano i sostegni del nostro sopravvivere, Giulia.
Ritrovale dentro di te per sentirti ancora più bella e pulita. (Giulia trova
una fotografia, la guarda e la ripone nella sua borsa) Ti sei presa una
fotografia, “quella” fotografia! uno dei tuoi pochi momenti felici, vero? La
vita non è stata affatto benevola, con te, lo ricordo; allora rivivila, quella
immagine, rivivi col cuore quel momento che diventerà un altro sostegno alla
tua sopravvivenza. (Giulia si alza e quasi scappa scomparendo,
definitivamente, nell’oscurità. Marcello la chiama) Giulia! (Tra sé)
Perché non mi ha visto e non mi ha risposto? dov’è ora? … Ma perché ci devono
essere tutti questi misteri, quaggiù? (Dall’ombra riappare l’uomo
intravisto precedentemente)
Stefano - (Sorridendo) Marcello.
Marcello - (C.s.) Stefano! dove sei?
Stefano - Sono qui con te.
Marcello - Anche tu qui?
Stefano - Sì, piace anche a me tornare a rovistare fra le
vecchie cose.
Marcello - Già, anche se è impossibile capire chiaramente: è
tutto in disordine, qui! i tempi si confondono, si confondono gli anni, le età,
i luoghi…
Stefano - Me ne sono accorto anch’io; anch’io sono sceso
nella mia cantina e ho provato le stesse cose; di sopra, invece, si vede tutto
più chiaro e soprattutto non ne veniamo coinvolti.
Marcello - E non soffriamo.
Stefano - Torniamo di sopra, Marcello?
Marcello - Sì, torniamo di sopra.
(Patrizia
rientra dal buio - senza la bambola – insieme a Roberta.
La luce si fa lentamente sempre più intensa fino ad illuminare tutta la scena.
Le due si avvicinano alle vecchie cose senza avvertire la presenza di Marcello
e Stefano che invece se
ne allontanano, salgono gli scalini e, dopo che Marcello ha volto
per un momento l’ultimo sguardo a Patrizia e a Roberta, escono
attraverso la porta)
Patrizia - Non scenderò mai più quaggiù in cantina, ci sono
troppe cose che mi fanno star male.
Roberta - Hai ragione, troppe cose, troppe voci silenziose, e
non fanno altro che lasciarti la mente confusa e il cuore gonfio di dolore.
Patrizia - (Pausa. A stento) Marcello se n’è andato
ormai da tempo ma…
Roberta - (La interrompe)… ma ancora ci cerchiamo, lo
so.
Patrizia - Sì, è così, abbiamo vissuto anni bellissimi, tutti
insieme!
Roberta - Ma troppo pochi.
Patrizia - Sì, troppo pochi.
Roberta - (Solleva il cappellino da donna) Guarda,
Patrizia, (Lo indossa mestamente, con nostalgia, per poi riporlo subito fra
le altre cose) l’avevo indossato per una festa di carnevale quando c’era
anche lui, ricordi? mi ero travestita da vecchia signora e quasi non mi
riconoscevate!
Patrizia - E Marcello si era vestito da gentiluomo dell’800.
Roberta - Già, da gentiluomo dell’800.
Patrizia - (Estrae una vecchia bambola nascosta tra i vari
oggetti) E questa? era la mia bambola preferita! come mai è finita quaggiù?
chi ce l’ha portata? (La stringe a sé) Accidenti, come si chiamava…?
Roberta - (Alzandosi) Torniamo in casa, Patrizia, quaggiù
non c’è più niente che ci possa aiutare.
Patrizia - (Alzandosi) Hai ragione, non c’è più
nessuno, siamo rimaste solo noi.
(Musica.
Entrambe si allontanano dalla catasta degli oggetti mentre la scena torna
nella penombra illuminando solo il “totem” e facendo sparire nel buio sia
Roberta che Patrizia)
Patrizia - Ah… si chiamava Lilla!
La luce si spegne completamente. La
musica continua.
Sipario
TUTELA SIAE
L'uso senza permesso da parte di chiunque, in qualunque forma, è assolutamente vietato.
Per eventuali comunicazioni contattare l'autore.
cell: 338 9 338 116
e mail: paolocappelloni@yahoo.it
Nel caso di rappresentazione dichiarare alla SIAE il titolo originale.