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Il vecchio comico

Il vecchio comico
atto unico di
Paolo Cappelloni


codice SIAE: 952907A

Un vecchio attore comico sta finendo di truccarsi nel suo camerino prima dello spettacolo. Ne approfitta per ripensare alla sua vita e a quella sua dote che gli permise di intraprendere la carriera artistica: “il saper far ridere la gente”.
Sono pensieri velati di malinconia, riflessioni di un attore ormai stanco ma che, non appena si trova davanti al suo pubblico, riesce ancora a divertirsi e far divertire. Ma una volta sul palco gli si presenta un "ospite" inatteso: la sua "Morte", con la quale avrà un colloquio ed una reazione che, sia pur per poco, gli allungherà la vita.

Il vecchio comico

 atto unico

di

Paolo Cappelloni

 

  Personaggi

Il vecchio comico

La Morte

 

Nota

La Morte può essere interpretata sia da un uomo che da una donna, può quindi parlare sia al maschile che al femminile, in entrambi i casi conviene però che nell’abito e nel trucco l’interprete non abbia alcuna connotazione sessuale.

  


Un vecchio attore, in vestaglia, è seduto al tavolo del suo camerino, davanti ad uno specchio. Sta dando gli ultimi ritocchi ad un leggero trucco. È malinconico e parla a se stesso come se la sua mente andasse indietro nel tempo a riconsiderare il suo passato, la sua vita.

(1° intervento musicale)

Il vecchio comico - Già, è sempre stata una dote naturale, la mia, e come tale mi è venuto spontaneo usarla sin da bambino, come si usano le mani per prendere gli oggetti, le gambe per camminare... Sì, mi accorsi prestissimo che il far ridere gli altri mi era utile: lo vedevo come uno dei miei mezzi di sopravvivenza ma questo era “particolarmente mio”, nel senso che gli altri bambini usavano come me le mani per prendere gli oggetti, le gambe per camminare ma il provocare ilarità... no; per la mia ancor breve esperienza quella dote era solo mia. Quante volte con una smorfia, una parolina messa lì ad “arte” o semplicemente con una buffa moina riuscivo a blandire le arrabbiature di mia madre ed evitare punizioni allora per me terribili!... (Ripensando alla madre) “Se mi fai così non vale! Brutto ruffiano che non sei altro!” ... (Sorride malinconicamente) mi diceva cercando di nascondere il suo sorriso dietro allo sguardo fintamente corrucciato... e io me ne accorgevo! Accidenti se me ne accorgevo! Anche da ragazzino continuai a notare che non avevo concorrenti o “avversari” nell’uso di questa mia qualità che imparai quanto fosse utile anche nei confronti delle ragazze (Ci pensa) ... non con tutte, a dir la verità; diciamo con alcune (Ci pensa) ... poche, sì, poche perché da adolescenti le donne non hanno un gran senso dell’umorismo, o meglio: non lo apprezzano, non molte vengono attratte da chi le fa ridere, almeno secondo la mia esperienza. Da adulto no, no, da adulto fu più facile perché le donne, da una certa età in poi, quando ridono si scoprono gioiosamente, lasciano cadere la maschera e diventano volontariamente se stesse.... e apprezzano chi riesce in questo. Già. Non mi sono mai sposato ma questo è un altro discorso... Comunque, non era solo un fatto di donne: la spontaneità nell’usare questo mio dono si rivelava anche con le persone che mi capitava di conoscere, nel senso che cercavo di affascinare chi mi affascinava, indistintamente, uomini e donne. Chissà perché, forse allora sentivo maggiormente il bisogno di essere apprezzato, gradito, accettato dal prossimo. (Ci pensa) Ma poi, non è ancora così...? Ho sempre amato il teatro ed ogni volta che ci andavo, da spettatore, assistevo sempre ad un doppio spettacolo. È strano, anche questa l’ho sempre considerata una mia personale prerogativa. Già! In particolari momenti dello spettacolo che si stava svolgendo sulla scena io ero portato spontaneamente a guardare anche il pubblico per osservarne la reazione, che fosse di stupore, di commozione, di ilarità... e ne studiavo i moti dell’animo. Già quello, per me, era uno spettacolo nello spettacolo! L’ho sempre amato, il teatro! E quando mi sentii ripetere più volte che per farlo occorreva del talento mi dissi: “Io un talento per fare teatro ce l’ho! Ed è un talento raro!... Il saper far ridere la gente!” Già. Cominciai così a calcare i palcoscenici sfruttando questo mio talento che lentamente divenne arte. Accidenti! Ho interpretato tutti i classici tipi comici con i loro tic, i loro tempi, con le loro smorfie: dal sordo al balbuziente, dal truffaldino al “miles gloriosus” e così via, fino allo scemo integrale! Umorismo facile, macchiettistico che mi ha insegnato però ad affinare l’arte della recitazione. Già... la gavetta, insomma. (Pausa) Il pubblico. Ogni persona reagisce alla comicità in maniera diversa ed il pubblico, ogni sera, era composto da tante individualità, ognuna seduta in posti ogni volta differenti! Una sera sentivo la risata particolarmente grassa nell’angolo destro della sala, un’altra in quello di sinistra, oppure avvertivo lo sbruffo trattenuto di una signora in prima fila ed un’altra sera l’avvertivo a mezza sala... per non parlare del boato! Ah, il boato! Quella bella risata piena, liberatoria, all’unisono! Che esplode da ogni punto della platea insieme al contrappunto di un battimani che non riesce ad andare a tempo con i singulti del riso provocati dalla mia battuta! (Si ferma, estasiato, poi riprende il suo pensiero). Perché ho prestato sempre molta attenzione alle reazioni del pubblico, io, finché non sono arrivato a conoscerlo a fondo, nel suo intimo, come si conosce una persona che si frequenta quotidianamente... Un amico! E quando il pubblico ride ho sempre avvertito nei suoi occhi un lampo di felicità. E cosa c’è di più bello? Già. Sera dopo sera ho cominciato ad apprezzare anche il piacere altruistico della comicità, ho provato sempre più una umana soddisfazione, senza altri fini, nel vedere la gente rilassata e sorridente. Ecco perché ad un certo momento ho cominciato a scrivermi testi “ad personam”: per rendere quella comicità veramente mia sotto ogni suo aspetto e condividere completamente questo mio dono con chi veniva a vedermi e sentirmi. (Pausa) Certo, con gli anni si cambia. Cambiano i gusti, le prospettive; cambiano le attese e credo che sia cambiato anche il mio modo di far ridere la gente. Ora il mio umorismo è forse più velato, più sornione; spero più... complice. Ecco: non miro più tanto a provocare la grassa risata di Falstaff che fuoriesce ed evapora in un bollore, ma quella più sottile come un alito di profumo che s’insinua nel cuore dello spettatore e vi resta per più tempo, finché non viene completamente gustato ed assorbito. Già. Forse dipende anche un po’ dalle mie energie che cominciano ad affievolirsi. (Si sente il suono di un campanello) Via, tocca a me. (Si toglie la vestaglia e indossa una vecchia giacca) Il pubblico mi aspetta. (2° - breve - intervento musicale mentre il vecchio comico si porta lentamente verso la parte del palco attrezzata per la “rappresentazione” dove inizia a recitare) (Fra sé, gioioso) Cosa c’è di più bello di quattro giorni senza rotture di scatole attorno? Senza mia moglie, senza mia figlia, senza mia cognata che purtroppo vive con noi. Vive: quindi mangia, dorme, sporca e non è di compagnia! Avrei preferito un chihuahua, come cognata! Oltretutto si somigliano pure! Ma oggi... ah! in questi giorni la casa è mia! Solo mia! Completamente mia! E mi godrò tutte e quattro le sue stanze! Passerò il primo giorno in cucina, il secondo giorno in bagno che non c’è una volta che una che lo trovi libero. (Si sofferma a riflettere) Ma cosa faccio una giornata intera in bagno? Beh, se il primo giorno lo passo tutto in cucina... qualcosa farò! E gli altri due giorni nelle due camere da letto! La mia e quella dove dorme mia figlia e mia cognata nella sua cuccetta! Ah, che meraviglia!

Morte -                     (Entrando, gli si rivolge con ironia) Vedo che sono arrivato in un momento di gioia. Mi fa piacere.

Il vecchio comico - (Si interrompe, tra il perplesso e l’allibito, dà un’occhiata fuggevole al pubblico poi torna a volgersi verso la nuova entrata) Lei chi è?

Morte -                     Non lo intuisci?

Il vecchio comico - (Alterato) Intuisco?? Come ha fatto ad arrivare fin qui eludendo la sorveglianza del teatro?

Morte -                     Io non ho bisogno di eludere. Quando è la mia ora mi presento e basta. Senza alcun intoppo.

Il vecchio comico - (C.s.) Ma che discorsi sta facendo? Si rende conto che sta interrompendo una rappresentazione teatrale??

Morte -                     Sì, ma io non faccio caso a certi particolari, (Sorride sarcastica) non seguo i tempi teatrali, io.

Il vecchio comico - (C.s., sarcastico) Male! I tempi teatrali dovrebbero essere rispettati sempre, ovunque; si eviterebbero figuracce ed errori a volte irreparabili.

Morte -                     Io non faccio mai errori: io càpito in modo naturale, come ogni altro evento. Io arrivo quando devo arrivare, come la pioggia, come la neve...

Il vecchio comico - (C.s.) ... come una disgrazia!

Morte -                     Sì, di solito definiscono così la mia venuta.

Il vecchio comico - (Ad alta voce, rivolto verso le quinte) Mi portate via questo squilibrato, per favore?

Morte -                     In questo momento non ti può sentire nessuno.

Il vecchio comico - (Getta un’altra occhiata in platea) Comunque non faccio difficoltà a credere che la vedano come una disgrazia, se fa certe cose!

Morte -                     Già. La definiscono proprio così: una disgrazia, non considerando che questa mia... intromissione non è altro che il termine di un ciclo. Mi capisci?

Il vecchio comico - (C.s.) No, non capisco, e soprattutto non capisco che diavolo vuole!

Morte -                     Non voglio niente, sono semplicemente venuto a prenderti.

Il vecchio comico - (Preoccupato) Chi sei?

Morte -                     Sono uno dei tuoi momenti più significativi, mio caro. (Il vecchio comico volge lo sguardo imbarazzato verso il pubblico) Non ti preoccupare, loro non ti sentono: potresti parlare con me per un secolo e non sarebbe che una frazione di secondo per il mondo mortale. (Gli si avvicina) Ti sei accorto, in questi anni, del graduale logorio del tuo corpo, no? Di quella stanchezza che sopraggiunge prima del dovuto, della memoria che spesso vacilla, di quei tanti piccoli segnali di malessere, una sempre maggiore fragilità... e sai: io ti ho sempre visto accettare naturalmente questo tuo deperimento fisico, senza timori o immaturi rimpianti. Vedi: questa tua lodevole accettazione, insieme alla consapevolezza di avvicinarti alla fine, si è unita così al desiderio, sia pure inconsapevole, di affrontare la tua futura condizione.

Il vecchio comico - Aspetta, aspetta! Cosa intendi dire?

Morte -                     Mi pare di essere stato chiaro.

Il vecchio comico - Vorresti dire che dovrei... morire?? Ora??

Morte -                     Esatto. Sono qui per questo.

Il vecchio comico - (Ironicamente) E tu saresti... la Morte?

Morte -                     Non sono “la” Morte, sono “una” Morte, la tua. Sono quindi come te, sono sempre stata parte di te, sono te.

Il vecchio comico - (Ride nervosamente) No, no. Scusami ma allora non mi hai capito o, essendo tu me stesso, mi sono frainteso perché questo non è assolutamente il momento giusto per morire! Sono vecchio, sì, ma possiedo ancora un po’ di energia per fare il mio lavoro! E, come vedi, la gente è ancora disposta a ridere con la mia comicità!

Morte -                     Già. Riconosco che l’attaccamento alla vita sia un fatto normale ma guai renderlo eccessivo! Così come è sbagliato l’eccesso opposto. Gli eccessi sono sempre segno di follia! Io faccio parte della vita e ne sono un aspetto imprescindibile...

Il vecchio comico - Quindi...?

Morte -                     Quindi sono da accettare in maniera responsabile come un passaggio, con la consapevolezza di essere parte integrante di quel grande circolo virtuoso che è la vita, di cui anch’io faccio parte; per cui ogni cosa ha un inizio ed una fine e tu, che hai sempre lavorato in teatro, dovresti saperlo bene: ogni opera inizia col levarsi del sipario e finisce con la sua chiusura.

Il vecchio comico - È vero, ma tu mi stai facendo sentire come... un atto unico!

Morte -                     (Ride) Non puoi davvero lamentarti, tu. C’è chi deve affrontare questa trasformazione molto prima di te e passare per la vita come...

Il vecchio comico - ... come uno sketch. Capisco.

Morte -                     (Ride) Mi hai fatto sempre divertire!

Il vecchio comico - Mi fa piacere. Allora senti a me: goditi anche tu altri momenti di allegria! Sì?... A proposito, la sai l’ultima? “C’è un tipo che...”

Morte -                     (Lo interrompe) L’ultima sono io. Sono io la battuta finale che tutti avvertono come tragica...

Il vecchio comico - Beh, è difficile che possa essere avvertita come comica... finale!

Morte -                     Perché ci si scontra con il proprio istinto che rifiuta l’idea di perdere se stessi, ma se si vive in modo giusto per poter affrontare questo momento nella debita maniera... non sarà un momento comico ma sicuramente meno drammatico. (Pausa) Tu mi vedi come un nemico da sconfiggere, mio caro, ma non è così: non c’è una connessione tra vita, morte, bene e male. Io sono semplicemente l’altra faccia della vita, come il lato oscuro della luna.

Il vecchio comico - Io non capisco. Mi piombi qui nel bel mezzo di una rappresentazione e mi sciorini riflessioni sulla buona morte, ti fai pubblicità come un promotore turistico per uno che non ha alcuna intenzione di muoversi da casa. Mi sembra tutto così strano! Quando giungerà veramente la mia ultima ora credo che l’avvertirò per tempo, non qui e così: con l’adrenalina che sento sempre quando sono davanti al mio pubblico! Tu... tu sei uno scherzo!

Morte -                     Invece è capitato così, e nemmeno per mia volontà. Fuori sta piovendo... è capitato così, oggi pomeriggio c’era il sole, ora piove ed è buio... càpita. Non è uno scherzo.

Il vecchio comico - Senti: (Pausa) Io voglio... crescere ancora.

Morte -                     (Con un sorriso benevolo) “Io voglio”. Ti è stato permesso fino ad ora, di crescere, e hai svolto bene il tuo compito sfruttando le doti che ti sono state concesse: hai trovato la tua strada e l’hai percorsa degnamente col tuo lavoro crescendo e maturando, fino alla fine.

Il vecchio comico - Allora tu... che saresti la mia Morte... tu che fine farai?

Morte -                     (Ride) Mi sorprendi sempre, con le tue curiosità! Io non devo subire alcuna trasformazione perché “sono” la trasformazione, “sono” il passaggio! E non posso avere paura di me stessa!

Il vecchio comico - Ah ah! Ma se hai detto che tutto ha una fine, perché tu no?

Morte -                     Certo che anche io, come te, finisco e mi rigenero in qualcos’altro, continuamente. Diciamo pure che questa è.. la mia vita! (Ride)

Il vecchio comico - Sei anche spiritosa!

Morte -                     Grazie.

Il vecchio comico - Prego.

Morte -                     Allora... vogliamo andare?

Il vecchio comico - (Guarda per un attimo il pubblico poi si rivolge alla Morte) Aspetta.

Morte -                     Cosa?

Il vecchio comico - Credo che, pur conoscendomi bene, tu abbia commesso un errore!

Morte -                     Un errore?

Il vecchio comico - Sì. Sai... come quando minaccia pioggia e si teme che faccia chissà che ma poi cadono appena due gocce che non bagnano nemmeno l’asfalto.

Morte -                     Che cosa intendi dire?

Il vecchio comico - Intendo dire che a volte anche la natura si sbaglia: si prepara per qualcosa ma poi, che so... una corrente d’aria contraria, una situazione imprevista... e ciò che doveva succedere non succede, o viene rimandato. (Sorride soddisfatto)

Morte -                     Perché?

Il vecchio comico - Perché sei venuta a trovarmi nel momento sbagliato: proprio mentre non sono io! In questo momento sono un personaggio creato da un autore e tu non puoi agire su un personaggio!

Morte -                     Ah!

Il vecchio comico - Già! La vita del personaggio che rappresento è stata predeterminata dal suo autore!

Morte -                     Fino a quando?

Il vecchio comico - Beh, fino a che sarà... in scena.

Morte -                     Fino a che non calerà il sipario.

Il vecchio comico - Già.

Morte -                     Bene. È giusto... è naturale.

Il vecchio comico - Allora te ne andrai?

Morte -                     Certo, aspetterò (Indica il punto) lì, dietro alle quinte, che tu esca dal tuo personaggio e torni ad essere completamente te stesso: quell’uomo divertente che è vissuto allegramente insieme ai suoi simili e che sarà pronto all’ultimo passo della sua vita terrena.

Il vecchio comico - Credo che stasera improvviserò molto e inventerò molte nuove battute...

Morte -                     (Ride) Ti ascolterò molto volentieri ma sai, quando inizia... nessuno può fermare la pioggia. (Si allontana)

Il vecchio comico - Senti...

Morte -                     (Voltandosi) Dimmi.

Il vecchio comico - Non è che hai un ombrello?? (La Morte esce ridendo di gusto e accennando un applauso. Il vecchio comico la guarda uscire, c’è un attimo di silenzio poi si volta verso il pubblico, lo osserva ed infine, con un sospiro, riprende a recitare la sua parte) ... Mia moglie è a Bologna da una sua vecchia amica, mia figlia è in vacanza non so dove, mentre mia cognata... a mia cognata ho detto chiaro e tondo: (Parla come si fa con un cagnolino) “Ottilia! Qui! Siediti… brava! So che puoi capirmi nonostante quel tuo sguardo. In questi giorni dovrai fare la brava, mi capisci, Ottilia? Uscirai di casa, andrai a trovare qualche tuo simile, ti unirai al branco e tornerai fra quattro giorni, (Fa “quattro” con le dita) ma mi raccomando: non andarmi in calore che poi dove li mettiamo, i cuccioli?? Mi hai capito? Allora qua la zampa!” Mia cognata ha inclinato il capo... fa sempre così quando capisce quello che le si dice, poi (Volge per un momento lo sguardo verso la quinta) ... poi ha... mia cognata ha... ha inclinato... il... poi ha detto... (Si sforza di parlare) ha detto... (Entra il 3° intervento musicale mentre il vecchio comico resta in piedi, immobile, con una mano premuta sul petto. La luce si abbassa e cala il

 

Sipario)

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